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LPP 5 Pasqua

Liturgia della Parola > Pasqua
5 domenica Pasqua

Nel Vangelo di queste domeniche stiamo leggendo il discorso che Gesù ha fatto ai suoi apostoli il giorno dell'Ultima Cena, quando ha iniziato a preparare i suoi apostoli al giorno in cui Lui sarebbe salito al Cielo (Ascensione). Gesù prepara il cuore dei suoi apostoli perché non si sentano "soli", anche se fisicamente Lui non sarà più presente, e prepara il loro e il nostro cuore a sentirlo sempre presente e a non considerarci soli e abbandonati.
Domenica sorsa la Liturgia ci ha mostrato l’immagine di Gesù che si presenta come il Buon Pastore, che dà la vita per le sue pecore, esortandoci ad avere con lui un intenso rapporto di comunione (“conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”, “ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore”); e oggi il Vangelo ci spinge non solo ad ascoltare la voce del Signore e a seguirlo come il nostro pastore, ma il Vangelo odierno ci vuole aiutare ad avere un rapporto più intimo e profondo con il Signore, presentandoci l’immagine di Gesù che si definisce come la vite: “Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore”, e Gesù ci vuole indicare il rapporto di comunione, di intimità che ci deve essere tra Lui e noi, suoi discepoli. Gesù è la vite e noi siamo i tralci che dobbiamo restare uniti a Gesù, che è la vite.
Precedentemente, nei profeti e nei Salmi, Dio appariva come il padrone della vigna, sempre attento, ma era presentato come il padrone, e gli uomini erano gli operai della vigna, ma ora Gesù afferma qualcosa di rivoluzionario, e dice: "lo sono la vite, voi siete i tralci". Non c’è più il rapporto tra padrone e operaio, ma facciamo parte della stessa pianta. Con l’incarnazione di Gesù, Dio è entrato nella storia umana, ed è accaduta una cosa straordinaria: il vignaiolo-padrone (Dio) si è fatto vite in Gesù per darci la linfa, ci dà la sua vita divina.
Gesù è la vite e noi siamo i tralci, e dobbiamo restare uniti alla vite: se il tralcio si stacca dalla vite, muore, perché la vite nei tralci fa passare la linfa che dà la vita: se i tralci si staccano dalla vite, muoiono perché non hanno più la linfa. E Gesù dice:” Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me”. Per produrre veri frutti, noi dobbiamo restare innestati in Gesù.
La vite spinge la linfa nei tralci, e così i tralci restano vivi, e allo stesso modo è Gesù, che è la vite alla quale dobbiamo restare uniti: ci offre la linfa, fa circolare in ciascuno di noi la forza divina. Nessun tralcio vuole staccarsi dalla vite, altrimenti muore, e anche noi, per non morire nel nostro cuore, dobbiamo restare innestati in Gesù attraverso la nostra fede e la nostra vita di amore.
Se stiamo uniti, innestati in Gesù, Dio scorre dentro di noi, e Dio vuole che siamo sempre vivi e fecondi, attraverso gesti di amore. Noi, discepoli di Gesù, se restiamo innestati nel Signore, riceviamo la vita divina, ma siamo anche chiamati ad essere testimoni dell’amore del Padre, producendo buoni frutti di amore. Non dobbiamo solo accettare di ricevere la vita divina, ma dobbiamo comunicarla anche agli altri, attraverso le nostre opere buone di amore.
Ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto. Tante volte ci lamentiamo con Dio per qualcosa di triste che ci capita nella nostra vita, come perdere qualche amicizia, qualche affetto, ci lamentiamo per qualche mio interesse che non si realizza, ci abbattiamo per la nostra mancanza di salute, e chiediamo a Dio di toglierci queste croci e queste sofferenze, senza capire che forse in quel momento è Dio che opera, che pota i nostri tralci, che vuole purificarci, in modo che abbandoniamo le realtà umane e le nostre sicurezze, e possiamo sempre più essere “innestati” in Lui.
Ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto. Anche le nostre sofferenze e le nostre croci sono segno dell’immenso amore di Dio nei nostri confronti, che ci vuole sempre più uniti a Lui.

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