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LPO 26 domenica

Liturgia della Parola > Tempo Ordinario
26 domenica Ordinario
Può uno che non è cristiano, può uno che non ha alcun ufficio all’interno della Chiesa, compiere un esorcismo o profetizzare? Può uno che non cristiano, fare del bene agli altri, nel nome di Gesù? La risposta che ci può venire spontanea è che in uno che non è cristiano non possono succedere queste cose, perché gli eletti ci consideriamo noi, perché crediamo che i chiamati siamo noi, che siamo noi ad avere la verità, ed è giusto che noi possediamo la verità. Ma solo noi?
Noi ci impossessiamo di Dio, credendo che la sua Parola sia solo in noi, crediamo che solo da noi può venire il bene per gli altri, mentre, crediamo, che le persone lontane dalla Chiesa non possano presentare agli altri certi aspetti della verità: solo noi ci consideriamo degli eletti!
Questo è un atteggiamento che troviamo nel libro dei Numeri (prima lettura), quando Giosuè chiede a Mose che impedisca a due persone di profetizzare, anche se avevano ricevuto lo Spirito da Dio. Ognuno di noi vuole farsi padrone di Dio e delle sue scelte. E Mosè risponde “fossero tutti profeti nel popolo del Signore”.
Anche Giovanni, nel brano del Vangelo, dice a Gesù: "Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva" (cioè, perché non è dei nostri bisogna impedirglielo). Inizialmente anche in Giovanni, come in ciascuno di noi, c’è la mentalità di chi ritiene di avere il monopolio della verità, della giustizia, del bene, e considera usurpatori gli altri. Ma per noi cristiani non deve essere così. Infatti Gesù risponde a Giovanni: “Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è per noi”. Anche noi mettiamo l’istituzione, la legge, che consideriamo importante, la mettiamo al primo posto, e la consideriamo più importante della persona.
Chi semina amore, chi cura le piaghe del mondo, chi custodisce il creato, chi è amante della vita, allora è di Cristo, a qualunque religione o ideologia appartenga. Chi segue il vangelo, senza neppure saperlo, chi segue l’amore, è di Cristo: si può essere di Cristo senza appartenere al gruppo dei dodici, o senza appartenere alla Chiesa, perché il Regno di Dio è più grande della chiesa, e la chiesa un giorno finirà ma il regno di Dio no, è eterno. Anche noi ripetiamo tante volte “Non sono dei nostri”: facciamo in modo, sempre, di ringraziare del bene da chiunque venga fatto, anche se non è “dei nostri”. Gesù ci ricorda che siamo tutti fratelli, e allora tutti gli esseri umani sono dei nostri, anche se di un altro popolo e di un’altra religione. Tutti siamo fratelli.
Tante volte ci sentiamo impotenti perché vediamo che il male è troppo forte, e Gesù ci consiglia: tu porta il tuo bicchiere d'acqua, il peggio non prevarrà. Se tutti i miliardi di persone che ci sono oggi nel mondo portassero il loro bicchiere d'acqua, ci sarebbe un oceano d'amore a coprire il mondo. Basta dare con amore un sorso d'acqua per essere di Cristo.
Poi Gesù continua a parlare dicendo di non scandalizzare i piccoli, che non sono solo i bambini, ma che sono anche i poveri, gli emarginati, le persone fragili e insicure nella fede: “Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli, è meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare”. Se la tua mano, se il tuo piede, se il tuo occhio ti scandalizzano, tagliali.
Gesù dice il tuo occhio, la tua mano, il tuo piede: il nostro! Non diamo sempre la colpa del male agli altri, alla società, alla nostra infanzia o educazione. Il male è annidato dentro di noi, nel nostro occhio, nel nostro piede, nel nostro cuore. La soluzione non è nel tagliare la mano, il piede, non è nel cavare il nostro occhio, ma la soluzione è nella conversione, in una mano che offre un bicchiere d’acqua, in un cuore che è limpido. La strada della conversione è l’Amore, Dio!

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