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LPO 28 domenica

Liturgia della Parola > Tempo Ordinario
28 domenica Ordinario
Nel cammino che compie verso Gerusalemme, Gesù, come abbiamo visto in queste ultime domeniche, ci ha esortato a prendere la croce sulle nostre spalle, richiamandoci ad essere immagine di Dio in tutta la nostra vita, avendo sempre amore verso tutti, e oggi la liturgia ci insegna che per essere dei veri amici del Signore non bastano le nostre preghiere e i nostri atti di carità, ma ci insegna che per seguire veramente il Signore dobbiamo anche abbandonare tutto quanto, gli affetti umani e materiali e le nostre ricchezze.
Tante volte siamo tristi per i nostri problemi personali, per le malattie che ci accompagnano, siamo afflitti per le difficoltà che possono avere i nostri parenti o i nostri figli, siamo tristi per la situazione di solitudine o di disagio che possiamo incontrare in questa comunità, possiamo essere abbattuti per il male che vediamo crescere anche nella nostra società. E allora, in queste situazioni di tristezza, noi e ogni uomo, cerchiamo la felicità, che spesso, purtroppo, consiste nel cercare il benessere e la ricchezza, e non cerchiamo altri valori che ci danno la vera felicità.
L’autore del Libro della Sapienza, in questo brano odierno, dice "Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo Spirito di Sapienza". L’autore di questo brano, che dovrebbe essere il re Salomone, alla ricchezza, al potere, persino alla salute e alla bellezza, preferisce la Sapienza che è l'unica che può assicurare all'uomo la felicità e il benessere. La vera felicità ce la dona la Sapienza, che è la presenza di Dio nella nostra vita, che è partecipare alla vita stessa di Dio, e la vera felicità non ce la dà la ricchezza, il benessere, la salute, e neppure la bellezza. Nelle nostre preghiere, quando ci rivolgiamo al Signore, non chiediamo cose umane e materiali, ma chiediamo il dono della Sapienza, dello Spirito, come ci ricorda Luca nel cap. 11, quando ci riporta queste parole di Gesù: “se voi che siete cattivi sapete dare cose buone, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono”.
Nel Vangelo troviamo che “un tale” corse incontro al Signore con grande slancio, si inginocchiò ai suoi piedi e chiede "Maestro buono che devo fare per avere la vita eterna?". E’ pieno di slancio, ha grandi attese, e alla fine, invece, se ne va, scuro in volto e rattristato. Come mai si allontana triste? Gesù, a questa domanda, risponde che per ottenere la vita eterna bisogna osservare i comandamenti, e quel tale risponde che i comandamenti li ha osservati sempre, fin da piccolo. Gesù, vedendo che lui desidera migliorare, esclama “Una cosa sola ti manca: vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”.
Gesù chiede di capovolgere la sua vita (e a noi chiede di capovolgere la nostra vita): i veri beni non sono le cose, le ricchezze, a cui teniamo tanto, ma i veri beni sono le persone. Questo tale non ha un nome, il suo nome, la sua carta d’identità è solo il denaro: per noi è il giovane ricco. Altri ricchi si sono incontrati con Gesù e hanno un nome: Zaccheo, Levi, Lazzaro, Susanna, Giovanna, persone che hanno a disposizione degli altri i propri beni. Il denaro non era la loro identità. Che cosa hanno fatto questi ricchi, che Gesù amava? Non hanno cercato sicurezza nel denaro e le loro ricchezze le hanno usate per gli altri. Gesù non chiede di essere poveri, anche a noi non chiede di essere poveri, ma Gesù chiede a noi e a quelli che stanno bene di condividere le nostre ricchezze. "E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio".
E’ duro seguire il Signore! “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”, esclama Pietro, e potremmo esclamarlo anche noi: “Cosa avremo in cambio?”. Avremo cento volte tanto, e avremo una vita moltiplicata. Dobbiamo lasciare tutto, per avere tutto. La casa di Zaccheo si è riempita, quando ha detto "la metà dei miei beni la dò ai poveri".

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