LPO 30 domenica
Liturgia della Parola > Tempo Ordinario

30 domenica Ordinario
In queste ultime domeniche stiamo contemplando Gesù che è in viaggio. E’ un viaggio che Lui compie sulla strada, andando verso Gerusalemme, ma è un viaggio simbolico che lui compie attraverso le catechesi che fa alle tante persone che incontra, per riportare gli ebrei, e riportare anche noi, a re incontrarci con Dio, che è stato abbandonato dagli Ebrei e da tutti noi.
La prima lettura, del profeta Geremia, ci parla della cecità e delle infermità materiali e spirituali del popolo che è disperso, che si trova nel pianto e nella disperazione, popolo che è composto da ciechi, da zoppi, da persone che si trovano in difficoltà materiali e spirituali, e da questa lettura appare che Dio ha misericordia e cura delle persone che sperimentano la sofferenza, il dolore e la prova: “li riconduco dall’estremità della terra; fra loro sono il cieco e lo zoppo: ritorneranno qui in gran folla. Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni …, perché io sono un Padre”, esclama la prima lettura.
Il brano della Lettera agli Ebrei ci presenta Gesù come il sommo ed eterno sacerdote, al quale dobbiamo rivolgerci per ottenere pace, misericordia e perdono, e ci dice: “Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore”. Gesù è infatti l'eterno sacerdote che si offre continuamente per noi sull'altare della croce, per ridarci nuovamente e continuamente la libertà dei figli di Dio. E tutti noi abbiamo bisogno di Gesù, sommo ed eterno sacerdote, perché anche noi siamo nell’ignoranza e nell’errore.
Il tema della Liturgia di questa domenica è proprio questo della cecità e della debolezza materiale e spirituale che anche noi abbiamo, dalle quali ci salva il Signore, come ha fatto anche con Bartimeo, il cieco di Gerico.
Al termine di questo viaggio verso Gerusalemme, Gesù incontra Bartimeo che è cieco, è mendicante ed è seduto. La sua vita, a motivo della sofferenza perché è cieco, la sua vita si ferma sulla strada, dove si siede a mendicare. Poi tutto cambia, perché quando passa il Signore, non resta tutto come era prima, ma quando passa lui c’è sempre un “dopo”, c’è sempre una novità, qualcosa di nuovo.
Al passaggio di Gesù, Bartimeo fa la sua preghiera evangelica e umana, e grida: Gesù, abbi pietà di me, abbi pietà dei miei occhi spenti, abbi pietà di questa mia vita che devo vivere seduto sulla strada. Ma la folla gli dice di tacere, perché il grido di dolore è fuori luogo, non deve farlo, non deve disturbare il Signore. E’ triste pensare che davanti a Dio la sofferenza e il dolore siano fuori luogo. Eppure per tanti di noi è così, da sempre, perché i poveri ci disturbano, ci mostrano la faccia oscura della vita, ci mostrano quella situazione dove non vorremmo mai essere e dove temiamo di cadere. E’ triste perché loro devono accettare, devono rassegnarsi...
Invece Bartimeo ci mostra che un altro mondo è possibile, e che Gesù ne possiede la chiave. Gesù ascolta le sue grida, e gli chiede “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. Cosa può chiedere un cieco, se non il dono della vista? Bartimeo non è un cieco nato. Aveva sperimentato la gioia del vedere, aveva visto la bellezza del mondo, e ora, come conseguenza della perdita della vista, vive in una condizione di disabilità nella quale è costretto a stare nella strada e a mendicare. “Rabbunì, che io veda di nuovo. E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada”.
Anche oggi, qui, tra noi che il Signore ha riunito, “ci sono il cieco e lo zoppo”, non solo fisicamente perché qualcuno non vede bene o non cammina speditamente, ma “ci sono il cieco e lo zoppo”, cioè persone scoraggiate per le proprie difficoltà (noi siamo così), e magari anche noi ci sediamo a mendicare idee sballate, da certi personaggi famosi umanamente o dai programmi televisivi o dai giornali, e ci fermiamo, e non siamo più aperti alla vera vita. Dobbiamo anche noi “urlare” al Signore di aiutarci, per essere ancora pieni di speranza.
Come Bartimeo, buttiamo via anche noi il mantello della nostra umanità, che ci dà sicurezza, balziamo in piedi, come lui, e seguiamo il Signore, riconoscendolo come il “Figlio di Davide”, il Messia, che è il nostro sostegno nelle difficoltà.