LPO 24 domenica
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24 domenica Ordinario
Tutti noi siamo convinti di avere la fede, ma se non viviamo in opere di carità, allora la nostra non è vera fede, come ci dice l’apostolo Giovanni: “A che serve se uno dice di avere fede, ma non ha opere? Se tuo fratello è svestito e sprovvisto del cibo quotidiano … e non date il necessario, a che cosa serve (la fede)?”. Il nostro deve essere un atteggiamento di amore e di donazione verso tutti, seguendo l’immagine di Gesù che è stato capace di offrire completamente se stesso per la nostra salvezza.
Il brano di Isaia ci mostra la figura di Gesù che si consegna alla flagellazione e agli oltraggi, confermata da Gesù quando, rivolto agli apostoli, dice che “il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere”.
Parlando con gli apostoli Gesù fa un sondaggio su chi è lui, secondo la gente “La gente, chi dice che io sia?”. L’opinione che la gente ha di lui è bella, ma è incompleta: pensano che sia un profeta di prima, che è ritornato (Giovanni Battista, Elia o un altro profeta), ma Gesù non è solo un grande profeta, non è solo il più importante profeta, e allora bisogna continuare a cercare, e chiede, agli apostoli e chiede a ciascuno di noi “Ma voi, chi dite che io sia?”.
Chi è Gesù per noi? Per poter dare una vera risposta dobbiamo chiudere i libri, dobbiamo chiudere il catechismo, non dobbiamo pensare a quello che abbiamo studiato su Gesù e dire quello che abbiamo imparato su di lui, ma dobbiamo aprire la nostra vita, dobbiamo vedere a che punto Gesù, a che punto la sua parola influisce nella vita di ciascuno di noi, dobbiamo vedere se Lui trasforma attivamente la nostra vita, oppure se continuiamo a restare impassibili e indifferenti agli altri.
A questa domanda Pietro risponde: “Tu sei il Cristo”, e Gesù “ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno”. Perché non vuole che parlino di lui? Perché non sanno ancora la parte conclusiva, che cioè lui doveva soffrire, morire e risorgere. L’appuntamento che ci dà Gesù per incontrarlo, per conoscerlo, è un uomo in Croce, morto per noi. Però prima di questo appuntamento ce ne lascia anche un altro: e l’appuntamento che ci invita ad imitare è quello di uno che si china a lavare i piedi ai suoi (Giovedì Santo). Dio, in ginocchio davanti a me, le sue mani sui miei piedi. Assurdo.
Come ha fatto Pietro, anche a noi verrebbe da dire che un messia non può fare così, che questo atteggiamento è una pazzia. A Pietro, Gesù risponde “tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Gesù è lo schiavo che ci aspetta, pronto a lavarci i piedi, Gesù è colui che dà un bacio a chi lo tradisce (a Giuda e a ciascuno di noi). Gesù non spezza, non distrugge il peccatore, ma spezza se stesso; non versa il sangue di nessuno di noi peccatori, ma versa il proprio sangue. E poi c’è l’appuntamento finale della Pasqua, quando saremo trascinati con lui in alto, nella sua Risurrezione.
Chi è Gesù per me? Con la nostra vita dobbiamo esclamare “Tu sei la realtà migliore che mi sia capitata, tu sei la forza che fa rifiorire la mia vita, sei il vento che mi fa volare in alto, sei l’unico che fa risplendere la mia vita. E’ impossibile amarti e non cercare di assomigliarti: devo trasformarmi in Te”.