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LPO 16 domenica

Liturgia della Parola > Tempo Ordinario
16 domenica Ordinario

Il Signore con la sua Parola ci invita a non restare fermi, ma ci invita a muoverci, e lo fa provocandoci, e oggi ci mette in crisi con il profeta Geremia, che esprime il suo oracolo contro i pastori di Israele: “Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo”. La vocazione sacerdotale, la vocazione dei religiosi o qualsiasi ministero all’interno della Chiesa, una volta che è accettata, che è scelta per sempre, non può essere considerata uno stato per il nostro benessere personale, che ci offre garanzie per il nostro vivere. Il pastore, il consacrato, scelto dal Signore in mezzo al popolo di Dio deve essere tutto per tutto per il suo popolo. Quando abbiamo degli uffici da compiere all’interno della Chiesa, siamo in grado di portarli avanti con responsabilità?
“Radunerò io stesso il resto delle mie pecore…”, ci dice Dio, “susciterò un germoglio giusto, che regnerà da vero Re”: Dio promette la venuta del Figlio Gesù. La storia di ciascuno di noi è condotta da Gesù Cristo.
Domenica scorsa abbiamo sentito il brano in cui Gesù invia i discepoli ad annunciare la Parola di Dio, e, nel brano odierno, i discepoli rientrano e si riuniscono con Gesù, che sentì compassione per loro: “Venite in disparte e riposatevi un po’”. Lo sguardo di Gesù va a posarsi sulla stanchezza, sulla fatica del vivere. E si commuove per la loro debolezza. C'è tanto da fare in Israele, c’è da annunciare e c’è da guarire, eppure Gesù, invece di buttare i discepoli dentro l'apostolato, li porta via con sé. C'è un tempo per agire e c’è anche un tempo per ritemprare le forze. Gesù non cerca eroi, sa che le nostre vite sono delicate, fragili, che le nostre energie sono limitate.
Qualche volta noi sacerdoti, le suore, abbiamo bisogno di un po’ di riposo per ritemprarci fisicamente e spiritualmente, e poi poter ritornare in mezzo alla gente, carichi della forza che solo Dio ci può dare.
Ma, scendendo dalla barca in cui sono saliti per cercare un po’ di riposo, Gesù vide molta folla ed ebbe compassione di loro. Gesù prova due commozioni contrapposte: si commuove per la stanchezza dei discepoli, che invita a riposare, e si commuove per lo smarrimento della folla, che “erano come pecore che non hanno pastore”. E si mise a insegnare loro molte cose. Gesù cambia i suoi programmi, ma non cambia il programma dei suoi discepoli. Gesù rinuncia al suo riposo, ma non rinuncia al riposo dei discepoli. Gesù prova dolore per il dolore dell'altro: prova dolore per la stanchezza degli Apostoli, e prova dolore per il popolo che è senza pastore. Gesù sa che la speranza dell’uomo muore, non perché c’è il dolore e la sofferenza, ma la speranza muore quando non c’é qualcuno che ti conforti nel giorno del dolore.
Come ci dice Paolo nel brano degli Efesini, la nostra missione all’interno della Chiesa, come sacerdoti, come persone consacrate e come laici, la nostra missione è quella di metterci davanti a Gesù che ci ha salvati, per poter essere anche noi strumenti di salvezza per gli altri: "Gesù è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito".
Il bene degli altri deve essere il compito e il desiderio di ciascuno di noi.
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