34 domenica Ordinario - Cristo Re - Sito di don Antonello

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34 domenica Ordinario - Cristo Re

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34 domenica Ordinario - Cristo Re

Quando il popolo ebreo, da Dio è stato liberato dalla schiavitù in Egitto, dopo 40 anni nel deserto, il popolo si ristabilisce nella terra di Canaan, e qui deve affrontare tante lotte e combattimenti contro altri popoli che erano presenti e volevano conquistare la loro terra (Filistei, Amaleciti, Cananei, …). Fino ad allora sono stati guidati e aiutati da Dio, ma, forse non si fidano più di Lui, e vogliono essere come gli altri popoli che hanno un re che li guida, e chiedono al profeta Samuele di consacrare un re per poterli difendere. Samuele inizialmente è contrario, perché considera che il Signore sia l’unico Re di Israele, ma interviene Dio che concede che Saul sia eletto come re. Non si fidano più di Dio.
Il popolo si è scelto un re diverso da Dio, per essere guidato, e con la celebrazione odierna vediamo che è Dio che ci ha donato un Re: Gesù Cristo, il Re dell’universo. Senz’altro oggi la figura del Re ci lascia perplessi perché viviamo nella democrazia, e quando parliamo di un re pensiamo subito alla potenza, alla ricchezza, a tanto oro e dominio, alla gloria, ma il Re che ci dona Dio, non ce lo presenta ricco e potente, ma ce lo presenta sopra una Croce. Il trono in cui è assiso Gesù è la Croce.
Il brano di Samuele, prima lettura, ci ricorda che i re di Israele avevano il compito di pascere, di curare il popolo, e dovevano curarlo materialmente, anche nelle lotte contro gli altri popoli, e dovevano curarlo spiritualmente nel rapporto che dovevano avere con Dio. Però, i re di Israele erano fragili e deboli, erano peccatori, come anche Davide, come siamo anche noi, e attraverso la predicazione dei profeti, nasce nel popolo la speranza dell’arrivo del Messia, dell’arrivo del vero Re.
E proprio questo è il significato della celebrazione odierna: Gesù è e deve essere il nostro Re, deve essere colui che ci guida nelle varie scelte che ogni giorno facciamo nella nostra vita. Domenica scorsa la Liturgia ci ha invitato a riflettere sul tema della morte, del giudizio finale, sul tema della resurrezione dai morti, che sono le ultime realtà che ci aspettano: la morte non è l’ultima realtà della nostra vita umana, ma l’ultima realtà sarà la nuova vita che noi vivremo in unione con Dio. Perché succeda questo è necessario che tutti noi accogliamo Cristo come Re della nostra vita.
Gesù che ci viene presentato oggi come colui che deve essere il nostro Re, non ci viene mostrato con la corona d’oro o che indossa abiti sontuosi, come appare in tante immagini, ma ci viene presentato con li stessi elementi che dovevano avere i re di Israele, che dovevano pascere e curare il popolo: questo Gesù è appeso alla Croce, sfigurato, che con la sua morte sembra sconfitto. La sua morte, a noi uomini, può sembrare una sconfitta, ma la morte di Gesù è un gesto d’amore verso il suo popolo, verso ciascuno di noi, e ci manifesta la grandezza dell’amore e del perdono. Deve essere il nostro Re in modo che pieghi la durezza del nostro cuore e ci spinga ad amare e a perdonare gli altri.
Forse, oggi, siamo come il popolo ebreo, e non ci lasciamo guidare da Cristo, ma preferiamo farci guidare da qualche personaggio “importante” che ci conduce …, non verso il Regno dei Cieli, ma verso l’odio e la non accettazione degli altri.
Con la morte di Gesù siamo stati liberati dalla schiavitù del peccato e, come ci dice Paolo, abbiamo la possibilità di “partecipare alla sorte dei santi nella luce”. Il primo che è stato salvato e che ha accolto il Regno di Dio, chi è stato? È stato un malfattore che era crocifisso con Lui, e che, all’ultimo momento della sua vita, si rivolge a Gesù con queste parole che gli nascono del profondo del cuore: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno”, e Gesù gli risponde: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”. La porta del Regno dei Cieli è aperta anche per noi, anche se siamo peccatori: l’importante è che accogliamo il Signore nel nostro cuore e, come Lui, trasformiamo la nostra vita in un dono d’amore verso Dio, e in un dono d’amore e di generosità verso i nostri fratelli.

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