23 domenica Ordinario - Sito di don Antonello

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23 domenica Ordinario

Liturgia della Parola > Tempo Ordinario
23 domenica Ordinario

La Colletta, l’orazione iniziale di questa liturgia, ci ha invitato a orientarci verso il Padre che ha chiamato tutti noi, che siamo piccoli e poveri, e ci ha chiamati perché con la nostra vita possiamo cantare il suo amore e la sua misericordia per ogni uomo. E perché possiamo fare questo cammino, ci aiutano le letture odierne.
Anche se ci troviamo in tante situazioni di difficoltà, per malattia, per mancanza di lavoro o perché non sempre riusciamo ad avere un buon rapporto con gli altri, oggi, le parole di Isaia, che è portavoce di speranza da parte di Dio, oggi, queste parole, sono uno stimolo ad avere coraggio, per tutti noi che siamo smarriti di cuore: “Coraggio, non temete! … si apriranno gli occhi dei ciechi – ci riferisce Isaia -, si schiuderanno gli orecchi dei sordi.  Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d’acqua”. Dobbiamo avere sempre il coraggio di andare avanti, non dobbiamo avere paura, perché il Signore viene a ricompensarci per il bene che abbiamo fatto e viene a salvarci. “Coraggio, non temete!”.
Il Signore viene a salvare tutti quanti, senza fare distinzioni, e viene a salvare anche quelli che nel nostro ragionamento noi consideriamo siano poveri o delle persone che non abbiano alcuna possibilità di salvezza. Giacomo, nella sua Lettera, ci ricorda che Dio ha scelto quelli che agli occhi del mondo sono poveri, ha scelto quelli che sono ricchi nella fede, e ha scelto quelli che lo amano. E invece, noi, nei confronti degli altri facciamo tante discriminazioni ed esprimiamo dei giudizi negativi, senza pensare che anche gli altri possano salvarsi, forse anche prima di me: anche le prostitute possono precederci nel Regno dei cieli, anche tanti politici che critichiamo possono precederci, anche se noi ci riteniamo dei cristiani “praticanti”. Per sperimentare anche noi la salvezza, siamo invitati a essere come Dio, dimostrando amore e misericordia verso tutti. E Gesù ci è d’esempio per quello che deve essere anche il nostro atteggiamento.
Ci dice Marco che Gesù predica a Tiro e a Sidone, paesi che non appartengono a Israele e che non seguono la Sacra Scrittura, e hanno delle persone piccole e povere dal punto di vista religioso, e a Gesù viene presentato un sordomuto, perché lo guarisca. E Gesù lo guarisce, anche se è pagano, dicendo “Effatà”, ”Apriti”, e gli  restituisce la voce e l‘udito. Questi gesti di Gesù possiamo solo considerarli come dei miracoli, però, queste azioni che Gesù compie possono essere delle indicazioni che Lui ci offre perché anche noi continuiamo la sua missione e ci impegniamo nella nostra vita in modo che tutti si sentano vivi e siano parte viva nella nostra comunità. Anche noi siamo come il sordomuto: non ascoltiamo gli altri e restiamo “muti” non annunciando l’Amore di Dio.
Che anche noi dobbiamo dare l’udito ai sordi, potrebbe significare che dobbiamo entrare in dialogo con le persone che sono emarginate, e che dobbiamo anche ascoltarle, invece di rifiutarle. Se vogliamo dare la parola ai muti, non dobbiamo più essere sordi ma dobbiamo ascoltare la parola degli altri, sia poveri, bambini, avversari o migranti, anche quando non si sanno esprimere, aiutando tutti a superare il silenzio che ci blocca nel denunciare tanti mali, come lo sfruttamento, la mafia e l’usura. Dobbiamo credere che il Signore può ancora operare i suoi miracoli in mezzo a noi, per mezzo nostro, se sappiamo testimoniare la bellezza della nostra fede e il coraggio del nostro amore.
“Gesù annunciava il vangelo del Regno e guariva ogni sorta di infermità nel popolo”.

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