3.a domenica di Pasqua - Sito di don Antonello

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3.a domenica di Pasqua

Liturgia della Parola > Tempo Pasquale
3.a domenica di Pasqua


Senza dubbio, se Gesù ritornasse ancora oggi nel mondo, ancora una volta non lo riconosceremo, come è successo agli apostoli quando Gesù appare loro dopo la Resurrezione, e di nuovo lo crocifiggeremmo. Come lo stiamo ancora crocifiggendo con i nostri peccati e col nostro modo di vivere, perché abbiamo paura di seguire e di mettere in pratica tutte le parole del Vangelo, perché non sono secondo la nostra mentalità e il nostro modo di pensare. Noi continuiamo a crocifiggere il Signore quando commettiamo i peccati, lo crocifiggiamo quando abbiamo odio verso i nostri fratelli, quando non siamo capaci di perdonare e quando siamo ingiusti verso gli altri e li opprimiamo: stiamo ancora crocifiggendo Gesù. È pesante vivere ogni parola del Signore, perché è diverso dal nostro modo di ragionare.
Pietro accusa i giudei, e accusa anche noi, dicendo “Avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l'autore della vita”. Pietro mostra la gravità del peccato dei giudei e la gravità del nostro peccato, però il nostro peccato provoca e suscita la Misericordia di Dio che ci perdona attraverso il sacrificio di Gesù. Alla Veglia Pasquale, al canto dell’Exultet, parlando del peccato di Adamo, abbiamo esclamato: “Davvero era necessario il peccato di Adamo, che è stato distrutto con la morte del Cristo. Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore!”. La grandezza del peccato, anche del nostro peccato, provoca l’immensa Misericordia di Dio nei nostri confronti. Grande è il nostro peccato, ma più grande è la Misericordia di Dio verso di noi. Cristo Risorto ci fa risorgere.
E Pietro continua affermando che quel Gesù che noi continuamente crocifiggiamo “Dio lo ha risuscitato dai morti”. Quello che dice Pietro è una condanna per la nostra vita di peccato e di odio, ma è anche un messaggio di speranza, perché non c’è peccato che ostacola, che blocca la grazia che Dio ci dona attraverso la Risurrezione di Gesù: la Risurrezione di Gesù è la nostra Risurrezione.
E questo messaggio di speranza ce lo conferma anche Giovanni (2.a lettura), che ci dice: “se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paraclito (abbiamo cioè un consolatore, un avvocato) presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto”; quello che abbiamo ucciso, e che uccidiamo continuamente, intercede per ciascuno di noi. E allora, seguiamo le parole di Pietro che ci dice: “Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati”.
Certe volte, pensando ai nostri peccati, pensiamo che sia impossibile, che sia assurdo che Dio ci perdoni e ci faccia essere nuovi, che ci faccia essere dei Risorti: ci può sembrare impossibile che possa avvenire questo cambiamento.
Anche i discepoli, quando Gesù appare loro, lo vedono, lo toccano, vedono che mangia, e non se la sentono ancora di credere che sia veramente vivo e che sia in mezzo a loro: “Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma”. Non possono credere che quello che è stato barbaramente ucciso, che quello che hanno rinnegato, non possono credere che ora sia tornato in vita. Per questo motivo Gesù resta 50 giorni per mostrare ai discepoli che è Risorto: c’è bisogno di tempo per accogliere la novità della Risurrezione.
Anche noi non dobbiamo scoraggiarci se, nonostante i nostri buoni propositi, non riusciamo subito a cambiare vita e ci ritroviamo sempre nel peccato. La Parola di Dio ci chiede senz’altro di non peccare, ma, principalmente, ci chiede di credere alla Misericordia di Dio, Misericordia che è più grande di ogni peccato e di ogni nostra trasgressione.
“Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto”.

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