4 domenica di Pasqua - Sito di don Antonello

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4 domenica di Pasqua

Liturgia della Parola > Tempo Pasquale


4 domenica di Pasqua
“Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”
Alcuni profeti, Ezechiele, Geremia e Zaccaria, nei loro scritti ci hanno presentato quale era l’immagine del pastore che era atteso dal popolo ebreo: questo pastore avrebbe tenuto unito il gregge, altrimenti le pecore si sarebbero impaurite e sarebbero scappate disperdendosi.
Questa quarta domenica è chiamata del Buon Pastore, perché la Chiesa ci presenta Gesù Risorto come il “pastore”, come colui che deve essere la nostra guida, come colui che ci indica la strada che dobbiamo percorrere nella nostra vita. E oggi è anche la 57.ma giornata di preghiere per le vocazioni sacerdotali e religiose, perché quelli che sono stati chiamati dal Signore abbiano sempre il coraggio di accogliere e realizzare la volontà di Dio.
Ci possono sembrare strane le parole di Gesù quando dice che le pecore ascoltano la sua voce e che lui le chiama a una a una perché le conosce. Questo fa riferimento ai tempi di Gesù, quando i pastori non avevano un proprio recinto per il gregge, ma chiudevano i loro greggi in un unico recinto e le pecore si mescolavano assieme: quando il pastore, al mattino, chiamava le sue pecore, lo riconoscevano dalla voce e lo seguivano. Anche noi, tante volte, ci ritroviamo nella notte, nel buio, ci sentiamo soli e abbandonati, ma dobbiamo avere sempre la speranza che, anche se ci troviamo nel buio più profondo, il Signore ci farà sentire la sua voce, e non vivremo più per il peccato, ma saremo delle persone nuove.
Nella Colletta preghiamo Dio di infonderci la sapienza dello Spirito, perché sappiamo riconoscere la voce di Cristo. Anche Pietro, che lo aveva rinnegato, è stato ricolmato di una nuova forza dal “dono dello Spirito Santo”, e il giorno della Pentecoste “si alzò in piedi e a voce alta parlò”, e parlò al cuore di chi lo ascoltava, e ha presentato la realtà del Cristo crocifisso e risorto. Forse noi non abbiamo il coraggio di presentare a “voce alta” la realtà del Risorto. Ne abbiamo paura, ci manca il coraggio o non ne siamo convinti profondamente.
Nella storia troviamo che tanti uomini hanno cercato di essere guide degli altri, e molti ci sono riusciti, anche se magari hanno distrutto le persone. Oggi Gesù chiede agli apostoli e a ciascuno di noi di fidarci di lui: è solo lui il vero pastore, è l’unico che può condurci a una gioia che non avrà fine. Possiamo fidarci di lui perché ci ha mostrato che il suo amore per noi lo ha portato a morire sulla croce, è stato il “servo” che ha sofferto per salvarci tutti. Un pastore del genere merita di essere ascoltato e seguito, perché ci conosce e ci ama, ci chiama per nome e ci fa sentire la sua voce. Quando ascoltiamo o leggiamo il Vangelo, sentiamo la sua Parola che ci consola ma che è anche una parola esigente: non possiamo dire di amarlo se non ascoltiamo e non viviamo la sua Parola.
È quello che ci dice anche Pietro nella sua prima Lettera, quando ci ricorda che siamo stati chiamati, e che Cristo ci ha lasciato un esempio, perché ne seguiamo le orme: “Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al Pastore e custode delle vostre anime”. Se mettiamo la nostra vita nelle sue mani, senza ripensamenti, Lui ci riempie della sua pace e ci dona la sua gioia, facendoci risorgere come persone nuove.
“Si, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni”.

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