2 domenica di Pasqua (Divina MIsericordia) - Sito di don Antonello

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2 domenica di Pasqua (Divina MIsericordia)

Liturgia della Parola > Tempo Pasquale


2 domenica di Pasqua

Fatichiamo molto a comprendere e ad accettare la risurrezione di Cristo, ma non scoraggiamoci, perché siamo in buona compagnia: anche i discepoli, quando Gesù parlava della sua resurrezione, si domandavano che cosa volesse dire. Anche dopo che Gesù è risorto, quando è ritornato alla vita diversa dalla precedente vita umana, hanno continuato a non capire pienamente questa novità.
“Erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli”, ci riferisce l’evangelista Giovanni: i discepoli si trovano al chiuso perché hanno paura dei giudei, hanno paura di fare la stessa fine del Salvatore, hanno paura di essere il bersaglio dei loro nemici; ora si trovano soli e abbandonati, senza il loto Maestro, e hanno paura di “prendere il largo” per annunciare la Parola di Dio, come li aveva invitati a fare Gesù, e si rinchiudono, isolandosi dagli atri. Hanno paura degli altri, hanno paura di andare ad annunciare, e, inizialmente, non riconoscono neppure il Signore che appare loro.
Forse noi siamo chiusi nel nostro cuore, forse è il nostro cuore che non è aperto. E se il nostro cuore è chiuso, allora il Risorto con la sua salvezza non può entrare dentro di noi per trasformarci; se il nostro cuore è chiuso, non possiamo annunciare agli altri l’Amore e la Misericordia che Gesù Risorto dona a ciascuno di noi. Dobbiamo trasformare completamente la nostra vita.
Le letture odierne ci offrono degli spunti per trasformare la nostra vita ed essere dei testimoni del Signore Risorto. Il brano degli Atti degli Apostoli ci mostra quello che deve essere il modello della nostra vita, se vogliamo essere salvi: ci dice che tutti i battezzati erano perseveranti nell’insegnamento degli Apostoli, nella comunione dei beni, nello spezzare il pane e nella preghiera. Si donavano completamente al Signore e agli altri. È questa la nuova vita da “risorti” che dobbiamo vivere. Solo così, come ci dice Pietro nella sua prima lettera, saremo ricolmi di gioia anche se siamo afflitti da tante prove e da tante sofferenze: nonostante tutto avremo la gioia, perché in noi ci sarà sempre la speranza e la certezza della salvezza eterna.
Mentre gli apostoli sono rinchiusi, ecco che Gesù “stette in mezzo a loro” portando e comunicando la pace, e in questo modo rende viva la speranza: la presenza del Signore comunica agli Apostoli la gioia, e la presenza del Signore, comunica anche a noi la gioia, anche in mezzo alle avversità. La prima volta che appare agli Apostoli, manca Tommaso che, alla notizia del Gesù risorto, resta titubante. Tommaso è chiamato “Didimo”, e “Didimo” vuol dire “gemello”. Gemello di chi? Gemello di ciascuno di noi, perché anche noi siamo come lui: anche noi vogliamo vedere, vogliamo toccare e tante volte abbiamo pensato “finché non vedo non credo”. Non siamo spinti dalla fede che ci fa riconoscere la presenza del Signore in tutti gli avvenimenti.
Quando Giovanni è andato al sepolcro, ci dice il Vangelo che “vide e credette”. Ma cosa vide? Non ha visto il Signore Risorto, ma vide solo la pietra rotolata, il sudario e le sue vesti messe da parte. Non vede altro, ma credette. Si è ricordato le parole del Maestro che aveva promesso che non gli avrebbe lasciati soli ma che sarebbe stato sempre con loro. Ha visto solo che il Signore era presente tra di loro, anche se non fisicamente. “Vide e credette”.
Come ha fatto Tommaso, mettiamo anche noi la nostra esistenza nelle mani del Signore, scacciamo tutte le tentazioni e gli ostacoli che ci bloccano, abbandoniamoci al suo amore e alla sua misericordia, per poter esclamare anche noi la nostra fede, gridando “Mio Signore e mio Dio”.
Aderiamo al Signore, per ricevere in noi il frutto della vita nuova. Dio è Misericordia, e aspetta sempre che noi ritorniamo a Lui e ai nostri fratelli.

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