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29 Ordinario

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29 domenica Ordinario


Anche ai tempi di Gesù, presso il popolo ebreo, c’era lo stesso problema che è presente anche oggi nella nostra società: dobbiamo pagare le "continue " tasse che il governo ci impone di pagare, anche se non siamo dei grandi benestanti? Il fatto che siamo cristiani, non ci dispensa dall’obbedire all’autorità civile, e dell’autorità civile dobbiamo riconoscerne la legittima autonomia. Un cristiano che evade le tasse, che non segue il codice della strada mettendo a rischio la sua e la vita degli altri, un cristiano che fa lavorare gli altri in nero, un cristiano che ricopre una carica politica importante e la usa a proprio vantaggio, commette un peccato dal punto di vista civile e penale, ma pecca anche contro Dio, perché ogni autorità è stabilita da Dio, anche se talvolta una certa autorità è stabilita da interessi e accordi umani, però, l’autorità è stabilita da Dio, e dobbiamo rispettarla.
Isaia ci parla di Ciro, “eletto” di Dio, che è re della Persia, che non conosce il Signore, ma Dio lo ha reso potente, e Ciro libera il popolo ebreo che è esiliato in Babilonia. Ma Ciro, non è il signore della storia: Dio resta l'unico Signore della storia. Esiste solo lui che è al di sopra di tutti i grandi della terra: al di sopra del re Ciro e al di sopra anche di tutti i governanti che oggi abbiamo tra di noi e che cercano di illuderci che miglioreranno il nostro mondo. È Dio il Signore della storia.
A Gesù, i farisei, avevano chiesto se era lecito pagare il tributo a Cesare, cioè se era giusto pagare le tasse, e Gesù risponde cambiando il verbo “pagare”: invece di “pagare” usa il verbo “rendere”: “Rendete (e non pagate) dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Il nostro rapporto con l’autorità civile nel pagare le tasse, è senz’altro di dare e avere: io do, perché lo Stato dovrebbe darmi un certo ordine e una sicurezza, dovrebbe darmi la pace, la giustizia, dovrebbe costruire le strade, alloggi …. Ma con Dio non possiamo fare il discorso di “dare e avere”, anche se tante volte lo facciamo.
Al Signore dobbiamo dare “tutto”, perché quello che siamo e quello che abbiamo, il mondo dove ci troviamo, viene da Lui, gli appartiene, è un suo dono. Nella moneta che viene presentata a Gesù c’è impressa l’immagine di Cesare, e per questo motivo, quando viene interrogato, Gesù risponde “Rendete a Cesare quello che è di Cesare”; ma in tutto il mondo e in ciascuno di noi è impressa l’immagine di Dio, e, allora, Gesù ci dice “Rendete […] a Dio quello che è di Dio”: di Dio è la terra che Lui ha creato, che mette a nostra disposizione e che dobbiamo rispettare; di Dio sono tutte le creature, che devo amare. Tutti noi siamo una moneta in cui è incisa l'immagine di Dio, e nella nostra vita e nella nostra società dobbiamo mostrare che siamo immagine di Dio, vivendo con impegno e generosità, cercando di essere sempre disponibili per gli altri, pregando per tutti, anche per i nemici, ed evitando di giudicare il prossimo per un comportamento che giudichiamo sia sbagliato.
Anche Paolo, nel brano ai Tessalonicesi, ci ricorda che come comunità, dobbiamo sempre ringraziare Dio, perché siamo stati scelti da Lui per vivere nella fede, nella carità e nella speranza, e che dobbiamo ricordare anche gli altri nelle nostre preghiere. L’amore è l’immagine di Dio.
Solo così saremo luce per gli altri, saremo immagine del Dio che vive tra di noi.

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